Stamattina ascoltavo con grande interesse il vicesindaco di Venezia raccontare al VenetoExpo il progetto di copertura wireless della sua città. Notevoli le cifre: 6,5 milioni di euro investiti per un rete in banda larga-WiFi e una pletora di contenuti/servizi/iniziative da veicolare sul network cittadino. Notevole il richiamo ai privati: lasciate stare i chip, le carte e gli altri ammenicoli chiusi, la rete è più moderna, universale e aperta. Notevole anche il corollario di iniziative a misura d’uomo: tutor comunali accompagneranno in Rete, uno per uno, diverse decine di migliaia di cittadini veneziani. Notevole infine la sicumera nel liquidare malamente le iniziative di altre città vicine, ma questa è un’altra storia. Insomma, un gran bel progetto.

Quello che mi ha fatto più impressione, però, è non averne saputo quasi nulla fino a oggi. Voglio dire: Venezia è a quattro passi da dove vivo e lavoro, e io di queste cose un po’ mi interesso. Trascuratezza tutta mia, certamente, ma anche volendo saperne di più e visitando il sito di questo progetto veneziano – a dire dell’amministratore così ampio e complesso, nonché già in avanzata fase operativa – non ho trovato un solo dettaglio tecnico e progettuale che andasse oltre la generica presentazione o un paio di cartine topografiche prive di possibilità di ingrandimento. Mi interessava sapere, per esempio, come intendessero gestire l’autenticazione per i cittadini e per gli ospiti, fase che nel progetto pordenonese ha dato un po’ di filo da torcere: non ho ancora trovato una riga. Già che c’ero ho scartabellato un po’ la Rete, trovando – per esempio – tracce di un altro progetto milanese da almeno 15 milioni di euro (cifra che fa impressione soprattutto se si pensa che l’ossatura in fibra ottica lì esiste già ed è pervasiva come in nessuna città europea). Tanto materiale per la mia mappetta delle città italiane che fanno cose in Rete, ma il punto è un altro.

Una quantità sorprendente di cervelli in tutta Italia sta studiando le stesse cose, pur declinandole secondo le mille peculiarità locali. Ma apparentemente non c’è il minimo scambio di idee fra loro, quand’anche dei singoli progetti esista effettivamente una qualche conoscenza al di fuori dei territori di pertinenza. Peggio: nei rari casi in cui vi sia reciproca dimestichezza, i referenti si guardano in cagnesco, rivendicando primati e quantità o contendendosi il WiFi come se lo avessero inventato loro stessi – come se non stessimo tutti quanti copiando da New York, Los Angeles, San Francisco, Montreal, Amsterdam, Seul eccetera. Chissà quanto tempo – e soldi – potremmo risparmiare condividendo le intuizioni, per esempio. Magari arrivando un po’ per volta a una serie di linee guida nazionali che prevengano le amministrazioni ultime arrivate dal fare daccapo tutti i ragionamenti (e gli errori) del caso, partendo da esperienze straniere che potrebbero essere datate e talvolta già fallite.

D’accordo: stiamo parlando di progetti di amministrazioni pubbliche e per di più in un campo atipico e magari assistito da blindatissime multinazionali dell’hardware e del software. Ma poiché sono le stesse amministrazioni a venderci poi la Rete come un nuovo modo di connetterci gli uni agli altri e collaborare, non sarebbe carino che proprio loro dessero il buon esempio dimostrandone le potenzialità? La Rete non unisce soltanto i municipi ai loro cittadini, ma anche le amministrazioni tra di loro, i cittadini di una città all’amministrazione di un’altra città e via dicendo. Possibile, per esempio, che nessuna amministrazione coinvolta in milionari progetti di copertura WiFi abbia sentito la necessità di dire la propria opinione sulla provocazione dei giorni scorsi di Alfonso Fuggetta? Possibile che non l’abbiano nemmeno tracciata? (Sì, è possibile, lo so; ma non è un buon segno.) Provocazione, aggiungo, che coi milioni di euro in gioco diventa a questo punto sempre più giustificata: stiamo investendo nella direzione giusta? E chi lo sa, nemmeno ci parliamo.

Proposte concrete: inventiamoci un luogo terzo in Rete che faccia da riferimento per le reti civiche e le esperienze di accesso pubblico a Internet. Un luogo di inventario, racconto, confronto e condivisione. Magari facilmente riconoscibile in ambienti dell’amministrazione pubblica – come Formez, ForumPA o Compa. O anche no, perché ho il timore che proprio gli schemi rigidi delle nomenclature amministrative remino contro il dialogo aperto e libero. L’obiettivo non è arrivare primi o fare a gara nei chilometri quadrati coperti, ma mettere in piedi un meccanismo che funzioni, porti valore e aiuti effettivamente a vivere meglio. Dimostrare che si può fare e ha senso, evitando errori che facciano perdere milioni di euro e anni di consapevolezza digitale a questa Italia già arrancante di suo. Non serve mica chissà che: basta una mappa di Google e qualche link, per cominciare. E la voglia di farlo, naturalmente.