La scarsità di aggiornamenti di questo siterello familiare si deve prevalentemente a una interessante fase evolutiva del piccolo Giorgio. Il quale cresce, acquisisce capacità e sensibilità ogni giorno, raggiunge l’equilibrio anche da seduto, interagisce senza timori con le persone, ma perde progressivamente ogni conquista raggiunta in precedenza rispetto alla continuità del sonno. Di giorno è uno splendore: tranquillo, simpatico, socievole, morigerato. Un buon cucchiaino anche: lo svezzamento prosegue molto bene, con grande gusto dello svezzato e notevole soddisfazione degli svezzanti.
Di notte, invece, non c’è più requie: quando va bene due o tre, ma spesso anche quattro o cinque rivegli sono tornati a essere normalità. Dorme come un angioletto finché riesce: mezzanotte, l’una o le due, per esperienza. Ma dal primo risveglio in poi è questione, nella migliore delle ipotesi, di un paio d’ore, spesso una soltanto. Che se poi a ogni risveglio metti in conto le procedure di riaddormentamento (perché il marrano ancora non sembra capace di girare semplicemente la testa dall’altra parte) o gli eventuali spuntini (perché all’indipendenza del giorno segue una nervosa ricerca notturna della tetta), il tempo a disposizione del genitore di turno – quasi sempre la mamma, invero – si restringe fino a qualcosa di ridicolo e allarmante.
Il risultato è che il bimbo la mattina è comunque un fiore. Sorride a tutti, dispensa sorrisi a chiunque abbia in serbo un complimento per lui, sperimenta i primi ciao ciao con la manina e via dicendo. Mamma e papà invece si abbruttiscono progressivamente e contemperano con fatica crescente le necessità quotidiane e gli impegni di lavoro con la decaduta qualità del sonno. Ma soprattutto resistono come possono ai frequenti rimbrotti del primo-che-capita, il quale corrotto da una ruffiana risatina del pargolo di rado lesina i suoi “ma di che cosa vi lamentate, che questo bimbo è un teeeeesoooooooro!”.
(e no, non sono – ancora – i denti)