Archivio di novembre 2006

Promemoria per i giorni difficili

Lo ha scritto Sergio il 29 novembre 2006 in Cuore di papà1 commento

La vita davanti a lui è una serie di porte ch’egli deve faticosamente aprire, una dopo l’altra; e ogni porta equivale al raggiungimento di un nuovo e più progredito equilibrio. In altre parole, egli è continuamente impegnato nella ricerca di un superamento della propria impotenza.
Va da sé che in questa perenne fatica il bimbo si avvale immediatamente di tutte le facoltà che vanno sviluppandosi nella sua persona: quando i suoi occhi diventano capaci di fissare e individuare degli oggetti, egli subito guarda tutto; quando le sue mani diventano capaci di prendere, egli subito prende tutto; quando il suo orecchio diventa capace di distinguere suoni e rumori, egli subito ascolta tutto. Il bambino, potremmo dire, è come un naufrago che trovi, per esempio, un cannocchiale, una lampada e una scure; come si può pensare che non se ne serva da mane a sera per migliorare la propria situazione e risolvere i propri problemi?
A differenza del naufrago, che potrà farsi una nuova vita o essere raccolto da una nave di passaggio, e a differenza dell’esploratore che tornerà un giorno a casa sua soddisfatto delle sue imprese, il bambino non troverà mai pace né riposo nel suo cammino sulla strada dello sviluppo. Anzi, troverà ostacoli sempre più grandi, delusioni sempre più forti, dispiaceri sempre più profondi. Comincerà a cadere quando saprà camminare, a essere ingannato quando avrà imparato a comprendere il linguaggio, a essere tradito quando avrà fiducia, a essere oppresso quando entrerà nella compagine sociale. E ogni volta che cadrà, che sbaglierà, che sarà sconfitto, ingannato, tradito, oppresso, abbandonato, egli ricomincerà da capo i suoi tentativi.

[Marcello Bernardi, Il nuovo bambino, pag. 172]

Piedini, manine, dentini

Lo ha scritto Sergio il 29 novembre 2006 in Cuore di papà0 commenti

Mentre si avvicina il quarto mese del pargolo, mamma è alle prese col rinnovo della maternità (il periodo obbligatorio è agli sgoccioli, ma restano ancora fino a sei mesi di facoltativa) e papà ha cambiato fuso orario, spostando con profitto la sua giornata di lavoro a tarda sera. Giorgio, per parte sua, si è regolarizzato di molto, anche se una poppata notturna non gliela toglie ancora nessuno.

Inoltre sta facendo enormi progressi, giorno dopo giorno: ormai interagisce con le persone, osserva tutto con grande scupolo, sorride anche agli estranei, a volte fa perfino il vergognoso addosso a mamma e papà, fa i versi con qualunque vocale tranne la i, imbastisce abbozzi di discorso di una certa complessità (soltanto in una lingua sconosciuta), ridacchia di gusto appena gliene si presenta l’occasione. Non ha perso il vizio di fracassare i timpani degli astanti non appena sopraggiungono fame, mal di pancia, noia, disperazione e fastidi assortiti.

I piedini sono ormai sotto controllo: ha capito dove sono e come funzionano, come usarli per toccare oggetti o persone. Quanto alle manine, invece, è in piena fase di studio: passa alcuni minuti alla volta a guardare il proprio pugno stretto stretto davanti agli occhi, ma si vede che c’è ancora qualcosa che non lo convince. Il dito (le dita, a volte l’intera mano) finisce in bocca, ma sembra più un riflesso condizionato (la cosiddetta mano maternizzata) che un movimento cosciente.

È lì lì per cominciare a conoscere il mondo nell’unico modo concepibile per un lattante, ovvero assaggiandolo pezzo per pezzo; gli manca solo l’ultimo centimetro di slancio, quando anche le mani risponderanno a dovere. In compenso l’accessorio fondamentale per la suddetta esplorazione – enormi quantitativi di bava alla bocca – è già in piena produzione.

La novità dell’ultima settimana, infine, giunge con inatteso e tutto sommato sgradito anticipo. Frequente irrequietezza, dita ostinate a toccare le gengive, lingua vagante, masticazione a vuoto e scoppi improvvisi di pianto disperato sembrerebbero anticipare quello che chi c’è già passato descrive come il momento più duro per i neogenitori dopo i primi quaranta giorni: la comparsa dei primi dentini.

Pubblicità: i pannolini Moltex

Lo ha scritto Sergio il 14 novembre 2006 in Cuore di papà31 commenti

Stimolato dall’ultimo post di Stefania (ma anche da Massimo e da altri spunti raccolti in Rete negli ultimi mesi), ho deciso che è ora che questo sito si apra alla pubblicità. E poiché chi mi conosce bene potrebbe esserne sorpreso, dico subito che sarà poca e molto particolare. La pubblicità qui sarà del tutto volontaria e basata sull’esperienza diretta. Faremo nomi e cognomi dei soli prodotti con cui ci troviamo particolarmente bene (o particolarmente male) e che crediamo utile segnalare ad altri (futuri) genitori, magari perché poco noti oppure semplicemente perché la scelta è così ampia da giovarsi di un’esperienza sul campo. Il tutto, è scontato, va preso per quel che è: un’esperienza personale ed eventualmente uno stimolo a prendere in considerazione nuovi prodotti.

Per esempio, l’altra volta – a proposito di sistemi ricetrasmittenti – avrei potuto dire che ne abbiamo provati due modelli diversi. I Radio Baby di Mebby li abbiamo riportati subito al negozio: bellissimi, compatti, ricaricabili e senza fili, peccato però che la qualita della trasmissione (per lo meno dentro casa nostra) fosse molto scarsa e la portata insufficiente perfino per raggiungere il salotto. Siamo passati al sistema Ascolta e vai di Chicco, che si comporta un po’ meglio, malgrado i limiti di cui s’è già parlato.

Tornando ai pannolini. La premessa necessaria è che a noi pesava parecchio l’idea di immettere nell’ambiente qualcosa come 200/300 pannolini al mese, ben sapendo che il classico pannolino da bimbo bello e asciutto reclamizzato in tv è una piccola bomba ecologica. Colpa soprattutto degli sbiancanti che rendono la cellulosa immacolata e colpa del gel assorbente, che una volta raccolti i liquidi dà vita a una poltiglia di rara resistenza. Intendiamoci: tutto, in un modo o nell’altro viene smaltito, come si affrettano a dire i produttori più famosi, tuttavia il costo e la complessità possono essere molto diversi. Le alternative sono due: i pannolini riutilizzabili e i pannolini usa e getta (un po’ più) ecocompatibili.

La prima ipotesi ha dalla sua un vantaggio rilevante: il costo. È vero che acquistare lo stock di partenza – non meno di una ventina di pezzi, più le relative salviette usa e getta – di una delle varie serie disponibili (Popolini, Ciripà e simili) è di per sé un piccolo investimento, ma se si considera l’uso prolungato nel tempo l’impatto economico complessivo sulla famiglia del pupo si riduce fino a un quarto rispetto a quello che verrebbero a costare i pannolini usa e getta tradizionali. Per contro, va messa in conto la necessità di lavare in continuazione le basi riutilizzabili (con il conseguente costo economico e ambientale, va da sé) e prevedere un sistema sufficientemente igienico per conservare quelle sporche tra un carico e l’altro (che in una casa dagli spazi ristretti può essere una bella scocciatura). Inoltre i pannolini di questo tipo tendono a essere, benché in cotone naturale e dunque adatti al contatto con la pelle del bimbo, molto ingombranti, dando ai bimbi quella goffaggine ben riconoscibile nelle foto della nostra infanzia. Noi, dopo aver considerato tutti questi elementi e valutato la nostra situazione logistica (anche e soprattutto in un periodo di forte stress, com’è quello che segue al parto), abbiamo accantonato questa possibilità, che resta tuttavia una delle migliori sotto tutti i punti di vista.

La seconda ipotesi l’abbiamo trovata in un bel negozio di articoli naturali ed ecologici di Udine (CeBi in viale Tricesimo, per chi abitasse in zona). Si chiamano Moltex e vengono dalla Germania. Non sono ben distribuiti in Italia, quindi non è facile trovarli se non in negozi specializzati e al limite in qualche farmacia; anche il prezzo, di conseguenza, ne risente. Il distributore italiano non spreca coordinate sul proprio sito, né risponde alle email. Tuttavia, avendo un po’ di pazienza, si possono trovare offerte interessanti (anche online) oppure, accordandosi col negoziante in vista di acquisti regolari per un paio d’anni, si possono raggiungere sconti ragionevoli. A conti fatti – visto che le confezioni costano di più, ma contengono anche molti più pannolini – noi per ora non stiamo spendendo più che a comprare i classici Pampers, Huggies o simili. Di buono c’è che il residuo disperso nell’ambiente è in gran parte biodegradabile e la cellulosa non trattata scongiura anche molti rischi di arrossamento della pelle del bimbo.

Aggiungo che, nella nostra esperienza, i Moltex – anche nella misura più piccola – non si sono rivelati ideali per i primissimi giorni (in cui il sistema filtrante a rete dei Pampers New Baby Sensitive è decisamente migliore). Ma una volta passato il primo paio di mesi si rivelano perfino più contenitivi e assorbenti di altri prodotti più famosi. Poi ogni bimbo è un caso a sé, e sta ai genitori trovare la combinazione ideale. Questa è soltanto la nostra esperienza.

(Qui altre opinioni)

Venti cose che nessuno dice mai

Lo ha scritto Stefania il 10 novembre 2006 in Cuore di mamma16 commenti

È tragicamente vero che un bimbo non nasce munito di libretto di istruzioni. Non c’è nessuno – per quanto tutti ci provino o pensino di farlo – che ti dica come prepararti per il grande giorno del parto o come affrontare le urgenze quotidiane del dopo, quando sembra che il tempo per se stessi sia stato inghiottito in un buco nero e ogni mossa del pargolo sia un’emergenza nazionale. In questi ultimi dodici mesi (nove di gravidanza e tre con il nostro mezzo metro) sono praticamente sopravvissuta a suon di passaparola, salvata dalle dritte di amiche stupende o di un’ostetrica che sa il fatto suo.

Essando arrivata viva al traguardo dei tre mesi e avendo avuto una gravidanza e un parto che meritano un cero di ringraziamento alla Madonna, mi sento di tirare due somme e fare un riassunto delle cose che ho trovato preziose o anche solo utili fino ad oggi, anche alla luce di quattro corsi preparto (di yoga, di nuoto, dal ginecologo e al consultorio). Così, io le butto là.

– Frequentare un corso in piscina di preparazione al parto il più presto possibile per allenare la muscolatura, sciogliere le tensioni, sentirsi nello stesso elemento liquido in cui si trova il frugoletto, apprendere a spingere sia trattenendo il fiato (come vogliono che si faccia in ospedale) sia espirando (come sarebbe raccomandabile per una dilatazione più dolce), interiorizzare la respirazione “ad arco” (8 tempi di inspirazione e 4 di espirazione, poi 6 e 3, 4 e 2, 2 e 1 e viceversa, seguendo le future contrazioni nel picco del 2-1 e recuperando le forze durante i tempi lunghi)… e perchè è difficile che ti ricapiti di poterlo fare in futuro!

– imparare a visualizzare, anche grazie a un corso di yoga. Ciò significa che, specialmente se, come me, non si desiderano epidurali o altri interventi medici, durante le eventuali fasi impegnative del parto si sarà in grado di estraniarsi pensando alle contrazioni come onde che si infrangono sulla battigia (come appunto sarebbe opportuno indicarle secondo Leboyer), sentirsi immerse in piscine tropicali o su montagne innevate;

– usare fin dagli ultimi giorni di gravidanza le coppette paracapezzoli d’argento, tuttora le mie migliori amiche. Completamente diverse da quelle di silicone, stoffa o plastica, preparano il capezzolo dandogli la forma che dovrà avere durante l’allattamento ed evitano che un rossore o un’irritazione diventino ragadi o altro, grazie alle loro proprietà antisettiche e disinfettanti (costano parecchio di più, ma valgono ogni centesimo);

– massaggiare il seno prima del parto (sotto la doccia con un guanto di crine, o dopo con un asciugamano e poi con olio di mandorle, torturandolo un po’ per cercare di renderlo più resistente, sempre che non ci siano avvisaglie di parto perchè stimolare il capezzolo aiuta la produzione di ossitocina, l’ormone che provoca il travaglio) e dopo il parto (sempre con olio di mandorle, per evitare smagliature e, con la montata lattea, per evitare ingorghi di latte);

– procurarsi la tintura madre di echinacea e calendula per fare impacchi o sciacqui con acqua per rinfrescare e cicatrizzare la parte in cui siano stati dati punti di sutura (nel mio caso dovuti al fatto di non aver potuto scegliere la posizione in cui partorire, anche visto che siamo arrivati in ospedale venti minuti prima che Giogiò uscisse!). Utile anche preparare delle garze sterili imbevute di qualche goccia di olio, essenza di lavanda e tintura madre di calendula da mettere… lì dopo il parto;

– fare massaggi con il famoso olio per il perineo durante le ultime settimane di gravidanza;

– fare ginnastica quotidiana per favorire l’allargamento del bacino e l’elasticità dei muscoli delle gambe, in primis l’esercizio di accucciarsi sui polpacci tenendo i talloni a terra, come spiegato nel “Manuale del parto attivo” di Janet Balaskas;

– lavorare fino all’ultimo, se si può e si riesce, così la testa resta occupata e non elucubra pensieri strani e si ha più tempo dopo per stare con il cucciolo, che è l’unica cosa che si ha voglia o modo di fare;

– leggere solo libri positivi e rassicuranti, possibilmente scritti da ostetriche (fra tutti, io consiglio “Venire alla luce e dare alla vita” di Verena Schmid, “La gioia del parto” di Ina May Gaskin e “L’arte del respiro” di Frédérick Laboyer);

– continuare a mangiare un po’ di tutto – salvo controindicazioni per scongiurare toxoplasmosi o altro, ovviamente – cosicchè il baby riconoscerà e apprezzerà più gusti e sapori durante l’allattamento;

– chiamare un’ostetrica di fiducia che ti stia accanto perlomeno durante il travaglio (se non si opta per il parto in casa, che oggi vedo come la miogliore alternativa in assenza di “case del parto” in zona). A tal proposito, non ringrazierò mai abbastanza Barbara per la sua discreta presenza, i validi consigli e il paziente supporto che mi/ci ha dato;

– non fissarsi sul volere il parto in acqua (come avevo fatto io), perchè in quel momento hai bisogno solo di avere persone positive accanto e tanta concentrazione;

– prima di stimolare il parto con ossitocina artificiale o prostaglandine (il famoso gel) usati negli ospedali, dare una chance all’olio di ricino. Al contrario delle ostetriche, i medici dicono che non c’è alcuna evidenza scientifica (né, per contro, alcun effetto collaterale), tuttavia la mia vicina di letto, oltre termine alla quarantaduesima settimana, ancora mi ringrazia di averle passato sottobanco la mia boccetta di olio;

– respirare “a cagnetto” (avete presente?) quando ti dicono di non spingere perchè la dilatazione non è ancora sufficiente, specialmente se ci si trova in macchina in corsa verso l’ospedale o nel lentissimo ascensore della clinica!

– stare ferme e soprattutto supine durante il travaglio è il modo migliore per sentire dolore e rallentare il tutto. Allora, che fare? Camminare, far ondeggiare il bacino, scambiare quattro chiacchiere con il marito e appoggiarsi a lui quando serve…

– cercare, durante il parto, di rilassare i muscoli della bocca (direttamente collegati con il perineo) ridendo, cantando, muggendo (sì, avete letto bene), ululando…

– visualizzare il perineo che si apre e ripetere un mantra tipo “divento enorme, mi apro come il burro…” o altro;

– fare impacchi caldo-umidi o impacchi di ricotta, quest’ultima debitamente lavorata con un cucchiaio e non applicata a blocchi come invece ho fatto io (la famosa “tettonica a zolle”!). I primi sono utili per disinfiammare il seno dolorante se la montata lattea è improvvisa e troppo abbondante. I secondi possono alleviare strani dolorini quando nessuno sa capirne la causa  (ovvero una volta escluse mastite, candida ecc.);

– se il latte scarseggia o si teme che cali, prima di ricorrere alle famose aggiunte, provare con la tisana di galega (detta anche “erba mucca”, guarda caso), solitamente unita a cumino, finocchio, fieno e anice, tutti ingredienti che aiutano a evitare le coliche per il bimbo e rendono piacevole il gusto. Utilissimo è anche un massaggio shatsu: pare strano, ma può persino stimolare la produzione di latte;

…ma soprattutto non sentirsi né comportarsi mai come se la gravidanza fosse una malattia!

E volentieri pubblichiamo

Lo ha scritto Sergio il 9 novembre 2006 in Cuore di papà2 commenti

Stamattina Giorgio ha ricevuto un’email da Gabriele:

La cara ragazza che vi ha scritto questo commento e che ha una vera adorazione per i bimbi, è in ospedale: era in attesa di un trapianto che è finalmente arrivato domenica. Fin qui tutto bene, anzi si sta riprendendo assai velocemente tanto da sorprendere gli stessi medici. Non so se siete credenti o meno, ma credo che un pensiero per lei sarebbe d’aiuto dato che la strada per la guarigione è ancora lunga. Se poi volete, le trasmetto qualche parola da parte vostra.

Noi abbiamo affidato le nostre parole e i nostri sorrisi al gentile messaggero, che glieli farà avere. Aspettiamo al più presto Natascia su queste pagine, e nel frattempo la accompagneremo idealmente durante il suo grande viaggio. Se poi qualcuno sentisse il piacere di aggiungere qualcosa, i commenti di questo post sono a disposizione.

The Others

Lo ha scritto Sergio il 9 novembre 2006 in Cuore di papà3 commenti

In coincidenza con la conquista da parte di Giorgio del lettino e della cameretta, abbiamo pensato di dotarci del classico sistema di ascolto a distanza via radio, in modo da sentirlo piangere anche quando siamo immersi nella confusione di un’altra stanza. Inoltre, nella nostra testa, avrebbe dovuto evitare alla sua mamma di alzarsi qualche volta di troppo in occasione dei lunghi risvegli notturni – anche un’ora, tra versetti e stiracchiamenti – a cui ci ha abituato il bimbo: la sua camera è vicina alla nostra, ma quel tanto di amplificazione avrebbe aiutato a distinguere una giravolta da un pianto deciso. Così ieri primo test notturno, di cui cui segue trascrizione.

– Dorme?

– Dorme.

– Bene.

– Buonanotte. (bacio)

– Buonanotte. (bacio)

(cinque minuti più tardi, in pieno dormiveglia)

> KZZZZRRCCCRRZZZZZ!!!!

(saltano entrambi sul letto)

> Kkkzzzzrrrrzzzzjkkkk!

(angoscia)

– Ma cosa succede?

– Oh no, ma s’è già svegliato?

– Mi sembra strano, non lo sento piangere.

> Kccccrrrrzzzz!

– Ma forse è un’interferenza, di là sembra tutto tranquillo.

> Uaaaaaaaaa!!!! (echi del pianto disperato di un bimbo, di cui non riconosciamo la voce)

– Oddio, ma che è?

– Non è mica lui questo.

– Ossignur, che angoscia!

– Mi sa che è davvero un’interferenza… si vede che qualche altra famiglia qui attorno usa lo stesso accrocchio.

– E allora che si fa?

– Niente, domani cambio la frequenza; ce ne sono due apposta.

– Ma tu pensa se più tardi si sveglia Giogiò e urla nel trasmettitore: prenderanno un colpo pure gli altri.

– Eh, così siamo pari.

– Però a quel punto, sentendo le interferenze, anche gli altri passeranno sulla seconda frequenza e siamo da capo.

– Allora dovremo trovare il modo di comunicare via radio con loro. Qualcosa del tipo “Rimetta. A posto. La. Candela.“, hai presente?

(Fine della carriera notturna di un ricevitore nuovo di zecca. Si addormentano entrambi tra le risate scomposte.)

Tre mesi e un lettino (per tacer dei sorrisi)

Lo ha scritto Sergio il 6 novembre 2006 in Cuore di papà0 commenti

Mentre scrivo queste righe, Giorgio sta compiendo i suoi primi tre mesi di vita. Si è addormentato poco fa nel suo lettino, dopo una serata di grandi sorrisi, grandi rigurgiti e grandi sbadigli. Di tante piccole conquiste quotidiane da bimbo ormai sempre più consapevole, questa del lettino è la novità più bella e più grande. Non soltanto perché segna la conquista della sua cameretta (e con questa una prima separazione, simbolica, dai genitori), ma anche per come sta reagendo alla nuova situazione. Dal primo momento in cui l’abbiamo appoggiato sul materassino – spazioso e morbido come la navicella della carrozzina ormai non permette quasi più – ha cominciato a sorridere.

Ci aspettavamo proteste e resistenze, o quanto meno un fisiologico timore dei nuovi scorci e delle nuove dimensioni. Sono arrivati invece risate e versi di allegria come mai prima, e più lui rideva e più a noi si inumidivano gli occhi (come qualunque genitore fresco d’esperienza potrà capire). Si è lasciato sedurre dagli ortaggi di stoffa penzolanti dal carillon, ha guardato i colori della sua cameretta, ha fissato noi, poi s’è assopito sereno e ha fatto tutta una tirata fino alle sette e mezza di mattina. Non è la prima volta che succede, di essere benedetti da un sonno lungo e ininterrotto, ma per la prima volta il risveglio è stato altrettanto sereno: sorrideva quanto la sera prima, docile a un buongiorno che altrimenti è dominato dai crampi di fame e dal panico di essersi perso per strada almeno una poppata, felice di rivederci e di ritrovare ortaggi e colori dove li aveva lasciati.

Sarà l’ennesima rondine che non farà primavera, perché a una notte così tranquilla finora ne è seguita una oltremodo turbolenta. Ma intanto ci godiamo queste piccole gioie. Tanti auguri, Giogio, buon complemese.

Ma che cos’è questa robina qua?

Lo ha scritto Sergio il 4 novembre 2006 in Cuore di papà3 commenti

[youtube l5bwaTIbtFI]

È un video, evidentemente (dura 3’30”). Parte cliccando sul bottone che si trova al centro della finestrella. A casa Maistrello era serata da esperimenti di montaggio video, niente di tale. Un modo per farvi conoscere Giogiò “dal vivo”. Alzate il volume e buon divertimento!

Gli aforismi di Giogiò

Lo ha scritto Giorgio il 2 novembre 2006 in Sguardi di bimbi0 commenti

Chi ha i denti non ha il pane; chi non ha i denti… ha il latte!