Rileggevo le parole di questo sito, un anno fa. Mi sorprende la facilità con cui venivano allora e la difficoltà con cui oggi riesco a malapena a tener traccia dei progressi di Giorgio. Che sono tanti, sempre più rapidi: due settimane al mare accanto ad altri bimbi l’hanno fatto sbocciare come un fiorellino. La bolla di sapone che avvolge il lattante per tanti mesi s’incrina all’improvviso e consegna il pargolo alla vita sociale che gli spetta.
Dice bene Billo in un commento ai racconti di allora: sembra un secondo, ma anche un secolo fa. Così mi sento oggi, mentre s’affretta il primo giro di calendario. Quante cose sono accadute, accadono continuamente, tante che a volte fatico persino a mettere ordine ai pensieri. Eppure questi mesi sono volati. Ieri Giogiò faceva le prove generali per venire al mondo, oggi prova a dominare l’equilibrio incerto dei suoi primi passi.
Se faccio l’appello dei ricordi dell’estate 2006, vedo che non manca nulla. Le emozioni s’appannano giusto un po’, perché vanno corteggiate e altrimenti s’offendono. Ma non c’è tempo di stare dietro alle tue emozioni, che pur concentri in improvvise fiammate, quando un bimbo comincia a spingere sull’acceleratore delle sue scoperte. Prima mediavi tutto attraverso la tua sensibilità, oggi sei tutto preso a svelargli la sua; ed è una scuola a tempo pieno. Così, in quei rari momenti di solitudine che famiglia e lavoro concedono, ringrazio di aver tenuto nota di tutto e ogni tanto mi ci rituffo come se fosse la prima volta.
Quello che leggo è ancora vivo, ma è storia. In gravidanza hai un orizzonte temporale di nove mesi. Pensi che il 280° giorno sia il traguardo. Invece è la linea di partenza per la corsa più forsennata a cui tu abbia mai partecipato. E mentre sudi e ansimi e ti concentri sulla respirazione, ti giri e guardi i chilometri che hai già alle spalle. In quei casi, a me scappa un “ah, però!”.