Visto che questi giorni, complice l’imminente giornata esclamativa di Grillo, in tanti sollecitano opinioni in merito, sintetizzo la mia. Io credo che l’Ordine dei giornalisti abbia un senso di esistere, ma che esista malamente da troppo tempo per avere una giustificazione a continuare. Lo abolirei, dunque? No, al contrario spingerei per farlo funzionare per quel che dovrebbe essere: prima che una corporazione (che forse non è mai esistita), un soggetto di autocontrollo in grado di fare le pulci al lavoro di tutti gli iscritti. Di tutti gli iscritti, tutti i giorni – cosa che adesso evidentemente non è, o non è in modo soddisfacente.

Quella che ai più sembra un’anacronistica barriera sulla via della libertà di cronaca – una barriera che mi pare abbia scoraggiato ben poca gente, anche laddove a scoraggiare era il mercato – è invece, in potenza, la più alta garanzia di libertà, etica e qualità dei giornalisti italiani, soprattutto in un momento storico in cui conflitti di interessi sempre più plateali fanno abbandonare agli editori i loro ultimi scrupoli sulla via dell’industrializzazione selvaggia dei processi editoriali. Fare a pezzi quest’istituzione, che non ha nemmeno la forza di portare a casa un contratto nazionale di lavoro da tre anni, credo non sia né la via più breve né la più efficace per risolvere i problemi dell’informazione italiana. Una vittoria piccola piccola, insomma.

Per fare buona informazione servono editori illuminati, giornalisti professionali (più che professionisti) e lettori maturi. L’Ordine si colloca idealmente molto più vicino agli interessi dei lettori che a quelli degli editori, motivo per cui chiedere la sua testa mi sembra accontentarsi del pesce piccolo e sperare che il pesce grande muoia di fame.