Sempre a proposito di accrocchi che mi piacerebbe esistessero già, appunto qui un mio vecchio pallino: la cassa comune digitale e online. L’esigenza nasce sempre nell’ambito dei gruppi d’acquisto solidale: il giro di soldi anticipati, rimborsati o destinati a cassa per le piccole spese nell’ambito di un Gas richiede un’elasticità, una pazienza e una dose di energie degne certamente di miglior causa. Se tutto il processo fosse spostato online e digitalizzato, lo si potrebbe rendere molto più rapido e semplice ed economico: i singoli membri potrebbero versare soldi in un borsellino neutro, mentre chi fa acquisti per conto del gruppo – in base a regole condivise e a una gestione intelligente della contabilità – potrebbe attingere dalla cassa mettendo già in conto ai singoli la cifra dovuta. Anche il produttore, indirettamente, beneficerebbe di flussi di pagamento più rapidi e diretti. Pensavo ci si potesse avvicinare a quel che avevo in mente piegando il Paypal di turno allo scopo, ma qui emergono i primi problemi: pochi tra quanti frequentano un Gas sono già registrati o sanno anche soltanto di che cosa si tratta. Peggio ancora, non abbiamo ancora trovato un produttore che sia uno attrezzato per pagamenti online di questo genere. Il mondo bio e para-bio vive in un mondo beatamente 0.5, e forse è anche giusto così. Resta il fatto che sarebbe bello se esistesse un sistema in grado di porsi a metà tra il borsellino analogico del singolo e la cassa del produttore, digitalizzando il processo. Dici: i conti in banca sono fatti apposta. Vero, ma un conto in banca è almeno due livelli di complessità sopra quanto sarebbe necessario per oliare, e non invece appesantire e rincarare, il processo di gestione della contabilità e di ripartizione delle spese di un gruppo d’acquisto. Idee?
Tag: gruppi d’acquisto
La cassa comune digitale
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Il marketplace delle spedizioni
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È da tempo che non invento più cose per il gusto di sentirmi dire poi che in effetti ciò che desideravo esiste già. L’altra sera, alla riunione del nostro gruppo d’acquisto, eravamo alle prese con il classico problema degli approvigionamenti da piccole aziende biologiche distanti: o la merce te la vai a prendere oppure metti in conto costose spedizioni periodiche che ti fan passar la voglia e la convenienza. «A meno che tu non conosca un camion che passi da queste parti mezzo vuoto», è la frase che segue quasi sempre. L’idea è semplice e banale: a te non serve una vera spedizione da listino, solo un “passaggio” cortese alla merce che vorresti procurarti; il camionista ha già il suo bel da fare, ma magari ha piacere di mettere a frutto a prezzi ragionevoli lo spazio che gli avanza all’ultimo. Come mettere in comunicazione chi cerca il camion-che-passa-di-là-mezzo-vuoto con il camionista-che-gradisce-arrotondare, nel caso in cui non si possono vantare parentele nel mondo delle spedizioni? Basterebbe mettere in piedi un piccolo servizio web di incrocio domanda-offerta, dico io. I gas, le associazioni, i privati che cercano una spedizione meno costosa, meno strutturata e senza urgenza potrebbero pubblicare la loro richiesta. Il padroncino o lo spedizioniere a cui avanza spazio consulta le proposte disponibili sul suo itinerario e, se compatibili, contatta i referenti per accordarsi. Un piccolo database, pochi campi ben assestati, una manciata di regole per garantire l’efficacia e il gioco è fatto. Non conosco la penetrazione di internet nelle cabine di guida, ma magari i numeri non sono più così scoraggianti. Ora, dai, ditemi che esiste già.
Lo sviluppo che vorrei
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Uno dei propositi che mi ero dato a suo tempo tornando a Pordenone da Milano era mettere in discussione i miei canali di approvigionamento e contribuire a far nascere un gruppo d’acquisto solidale. L’abbonamento all’orto, a modo suo, era stato un piccolo esperimento in questo senso. Oggi, finalmente, ce l’abbiamo fatta. O, quanto meno, ci stiamo provando.
Ricomincia l’orto
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Noi quest’anno passiamo: l’incidenza di un lattante sull’economia domestica non ci lascia l’elasticità necessaria per ripetere l’esperimento. Ma se qualcuno nei mesi scorsi fosse rimasto incuriosito riguardo all’abbonamento stagionale all’orto (la nostra esperienza si trova negli archivi), Parco dei Buoi ha appena lanciato la campagna 2007 con alcune novità interessanti (il paniere a prezzo variabile e il calendario interattivo, soprattutto). C’è tempo fino a tutto febbraio per riunire i 50 clienti necessari a partire. È un’esperienza, appunto, e come tutte le esperienze forse vale la pena provarla almeno una volta.
Alla fine dell’orto
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Questa settimana termina anche per noi l’esperienza dell’abbonamento all’orto, iniziata con entusiasmo dieci mesi fa. Tempo di bilanci, dice Francesco Travaglini, anima e muscoli del Parco dei Buoi, la tenuta molisana che ha allietato per otto mesi la nostra tavola. E allora che bilanci siano: trasparenti come si conviene a un esperimento del genere, anche per rispetto a chi a suo tempo si era interessato all’iniziativa attraverso queste pagine. Il nostro, nel complesso, è soddisfacente: molti pregi, ma anche alcuni difetti di varia natura. Talvolta critici, dal mio punto di vista.
Partiamo dai primi. È stato… come posso dirlo senza sembrare patetico… umanamente bello sapere di avere un orto che tutte le settimane, in base alle diverse maturazioni, ci riforniva di ortaggi freschi direttamente a casa. Non un’industria alimentare, non una tenuta a sfruttamento intensivo, ma un’azienda agricola a gestione familiare che destinava parte del proprio terreno alla coltivazione di un orto in grado di ripagarsi le spese e poco più rivendendo i prodotti a qualche decina di consumatori garantiti in partenza. In un certo senso è stato davvero come avere un orto sotto casa. La cassetta consegnata dal corriere conteneva regolarmente una varietà e una quantità di verdura sufficiente a coprire le esigenze settimanali della famiglia; talvolta, pur avendo scelto il pacchetto small, è stato perfino necessario smistare la merce al parentado o stivare qualcosa nel congelatore.
È stato bello anche doversi adattare in qualche modo al ritmo imposto dall’orto: non sempre peperoni, zucchine e melanzane, come spesso avremmo scelto noi all’ortofrutta vicino a casa, ma anche fagiolini, lattughe varie, fave e molto altro. Compresi gli assaggi a sopresa, gentile omaggio della fattoria, mai meno che generosa nelle quantità. La varietà ci ha permesso anche di (ri)scoprire gusti a noi poco familiari: le puntarelle, per dirne una, introvabili nel nord-est, e deliziose lasciate macerare al freddo con un po’ d’olio e filetti di acciuga. Quanto alla qualità, al netto delle bizzarrie di una stagione non certo gentile con gli ortaggi, non ci possiamo lamentare: mi mancheranno soprattutto le cipolle (eccezionali, farei un abbonamento soltanto per quelle), le melanzane dolci, gli spinaci freschi, i piselli, le patate. Promette bene anche la zucca, arrivata la settimana scorsa e in attesa di essere cucinata nei modi creativi tipici del periodo. Gustosi anche i pomodori, l’insalata, le zucchine. La conserva, che a più buttate mia suocera ha ottenuto dagli pomodori da sugo, è molto piacevole – e la scorta durerà a lungo.
La qualità ci porta, inevitabilmente, ai punti critici dell’esperienza. Il trasporto su gomma lungo mezza Italia, che già mi dava da pensare per il costo ambientale, raramente è passato senza conseguenze sullo stato di conservazione della merce. Nei mesi più caldi qualche etto di foglie e pomi è arrivato a dir poco fiaccato, se non del tutto compromesso. Del resto è lo stesso Travaglini a dirsi non del tutto soddisfatto del corriere scelto. Non so se all’origine o se almeno durante i viaggi di dorsale tra un centro di smistamento e l’altro le verdure fossero conservate con le accortezze che si devono alla merce deperibile, fatto sta che nel tratto finale la cassetta viaggiava nella stiva di un qualunque furgoncino non refrigerato, senza particolari corsie preferenziali e spesso in ritardo di un giorno sul previsto. Dal punto di vista della società di spedizioni, del resto, era un pacco da consegnare come tanti altri: verdura, libri o computer per loro poco diversi sono. Se poi, come in una delle ultime occasioni, i colli sono due, ma uno di questi per qualche ragione si perde, vaglielo a spiegare al solerte impiegato che della prima confezione possono tranquillamente far concime, se non te lo fanno avere comunque al più presto o per lo meno non lo mettono al fresco.
La dipendenza dal corriere espresso è stato un punto debole anche in un altro senso, questo certamente più personale e non imputabile al Parco dei Buoi. Pur lavorando a casa, e quindi garantendo una presenza abbastanza regolare al domicilio indicato per la consegna, l’attesa dalla consegna in giorni non sempre prevedibili e a orari ancor più variabili – prolungata per una trentina di settimane – è stato un vincolo pesante: obbliga a programmare, spesso inutilmente, uscite, assenze e vacanze, mentre basta un imprevisto per costringerti a ritirare la merce non prima del giorno successivo al deposito dello spedizioniere, disperso in qualche zona industriale dei dintorni. Nel frattempo a noi è nato pure Giorgio, le cui conseguenze sull’organizzazione e sui tempi domestici avevo certamente sottostimato al momento dell’abbonamento.
Quanto a Francesco Travaglini e al Parco dei Buoi, a loro ho poco da rimproverare. Continuo a pensare che abbiano azzeccato tempi e modi per un’operazione commerciale sana, etica e a misura d’uomo. Mi aspettavo forse più informazione e più tempestiva: la vicinanza virtuale col produttore non è certo mancata, ma ha latitato talvolta proprio quando le date previste non potevano essere rispettate – che, per quanto detto sopra, per me faceva la differenza tra attendere e ricevere la cassetta il martedì e attendere a vuoto e al buio fino al giovedì o al venerdì successivi. La fatica di garantire trasparenza e presenza, già ammirevole in sé per un’impresa agricola in condizioni normali, ha avuto infine un tracollo durante il mese di agosto, quando in seguito a un brutto episodio accaduto proprio dentro la fattoria, alcuni lavoranti extracomunitari sono poi stati espulsi o confinati in un centro di permanenza temporanea per irregolarità nelle procedure di immigrazione. Emergenza che ha avuto una coda lunga e (umanamente, soprattutto) spiacevole per il loro datore di lavoro. Di questo, davvero, non mi sento di farne una colpa a Francesco, benché certo lui per primo ammetta che non tutto sia andato come voleva.
Lo rifarei? Sì, sono contento di aver fatto questa esperienza, sceglierei di certo di provare almeno una volta, se non l’avessi fatto. Lo rifarò? Non per adesso, non finché il bimbo è così piccolo e con le sue esigenze stravolge ogni possibile routine, non finché non trovo il modo di svincolarmi dalla schiavitù del corriere espresso, non finché i ritmi di lavoro e di vita non mi permetteranno di godermi appieno la varietà e la quantità di verdure da smistare e stivare ogni settimana. Per questo non ho sottoscritto l’orto invernale (cavoli, verze e affini) e difficilmente prenderò in considerazione il prossimo orto estivo, se ci sarà. E anche se probabilmente rimarrò affezionato al mio primo orto molisano, spero che esperienze di questo genere contagino presto anche il resto della penisola, annullando ogni residua difficoltà logistica. Sotto casa, per davvero.
Fave e piselli dall’Orto
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Stamattina è arrivata, come previsto, la prima spedizione di verdure dal Parco dei Buoi, la fattoria con cui abbiamo stipulato l’abbonamento stagionale all’orto. I baccelli sono stati raccolti ieri mattina, sono partiti dal Molise nel primo pomeriggio e oggi, entro l’ora di pranzo, erano sulla nostra tavola, in ottime condizioni. Non esattamente pronti da mettere in frigo, ma Francesco Travaglini ha subito spiegato il cambiamento di programma sul blog dell’azienda agricola. Per noi, ghiotti di piselli in scatola e poco in confidenza con le fave, è la prima occasione di riscoprire un diverso rapporto con le verdure di stagione e nuove ricette. In arrivo, nelle prossime settimane, pomodori, peperoni, melanzane, cipolle, fagioli, fagiolini, lattuga, spinaci, zucchine, zucca, puntarelle, patate e cime di rapa (che vediamo crescere grazie agli aggiornamenti). Intanto un ciuffo di prezzemolo in omaggio, uso che qui al Nord si è completamente perso, rallegrerà stasera il risotto.
Mi abbono all’orto
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Ci abbiamo pensato qualche giorno, poi Stefania e io abbiamo deciso di abbonarci all’orto. Ci piace l’idea, ci piace la filosofia d’altri tempi, ci piace che il produttore mostri i suoi conti, ci piace che il contadino racconti come va il raccolto, ci piace l’idea di ricevere di tutto un po’ (anche quello che forse normalmente non compreremmo), ci piace il clima familiare.
Gli unici punti su cui nutrivamo perplessità sono la distanza dalla fattoria, che sta in Molise, e la dipendenza dai viaggi del corriere espresso. A parità di condizioni, infatti, cerchiamo di preferire i prodotti che non incentivano il trasporto su gomma. Dubbi che sono compensati dalla sensazione di avere a che fare con persone responsabili e molto vicine all’idea che ci siamo fatti di come dovrebbe funzionare il mondo.
Lo prendiamo come un esperimento, alla fine dell’anno facciamo il bilancio.
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