Mi sto facendo l’idea che quella sul maestro unico sia la solita schermaglia di facciata per distrarre l’attenzione di giornalisti, sindacati e folle emotive dal consueto saccheggio dell’istruzione pubblica italiana. Da figlio di insegnante, ma soprattutto da padre di un bimbo che tra quattro anni entrerà nell’istruzione primaria, ho più che mai a cuore il destino della scuola. E poco mi importa, tutto sommato, se il maestro sarà uno o trino, se il tempo sarà pieno o ridotto, se il libro sarà di carta o di bit, quando da generazioni è in corso lo smantellamento sistematico della formazione di qualità dalle elementari fino all’università. Non ricordo più una finanziaria che non abbia tagliato fondi alla scuola. Non ricordo un governo che abbia avvertito l’urgenza di porre un freno al declino investendo sul proprio futuro (dunque soprattutto su istruzione e ricerca). Non incontro da anni un insegnante orgoglioso del proprio ruolo (quando di docenti orgogliosi della propria vocazione, per fortuna, ne vedo ancora tanti). Ecco, poco importa quanti maestri si ritroverà Giorgio in classe nel 2012. Ma mi piacerebbe davvero tanto che quella classe avesse mura solide, attrezzature adeguate, insegnanti appassionati e programmi d’eccellenza per affrontare il mondo contemporaneo. Fa un po’ impressione considerarla appena una speranza.