Mi sto facendo l’idea che quella sul maestro unico sia la solita schermaglia di facciata per distrarre l’attenzione di giornalisti, sindacati e folle emotive dal consueto saccheggio dell’istruzione pubblica italiana. Da figlio di insegnante, ma soprattutto da padre di un bimbo che tra quattro anni entrerà nell’istruzione primaria, ho più che mai a cuore il destino della scuola. E poco mi importa, tutto sommato, se il maestro sarà uno o trino, se il tempo sarà pieno o ridotto, se il libro sarà di carta o di bit, quando da generazioni è in corso lo smantellamento sistematico della formazione di qualità dalle elementari fino all’università. Non ricordo più una finanziaria che non abbia tagliato fondi alla scuola. Non ricordo un governo che abbia avvertito l’urgenza di porre un freno al declino investendo sul proprio futuro (dunque soprattutto su istruzione e ricerca). Non incontro da anni un insegnante orgoglioso del proprio ruolo (quando di docenti orgogliosi della propria vocazione, per fortuna, ne vedo ancora tanti). Ecco, poco importa quanti maestri si ritroverà Giorgio in classe nel 2012. Ma mi piacerebbe davvero tanto che quella classe avesse mura solide, attrezzature adeguate, insegnanti appassionati e programmi d’eccellenza per affrontare il mondo contemporaneo. Fa un po’ impressione considerarla appena una speranza.
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Smeerch
Set 29, 2008 -
Siamo d’accordo sulle mura solide, sulle attrezzature adeguate, e sui programmi deccellenza. Invece credo che difficilmente un governo possa intervenire sulla passione e la dedizione degli insegnanti. Al massimo potrebbe dedicarsi a far emergere le eccellenze e a penalizzare (anche a segare) gli incompetenti che, credimi, ce ne sono a decine.
E’ ovvio che nessuno auspica dei tagli agli investimenti sulla formazione delle genenerazioni future: sarebbe a dir poco suicida. Dunque anche su questo siamo in accordo. Fatta questa tara, però, io continuo a chiedermi il senso di un insegnante multiplo sin dalla scuola elementare.
LivePaola
Set 29, 2008 -
Buongiorno Sergio,
intorno alla scuola ruota una delle quattro proposte di Roger Abravanel in “Meritocrazia”. Sarebbe interessante sentire il tuo parere, come figlio di insegnante e come genitore, qui:
http://www.meritocrazia.com/index.php?option=com_myblog&show=Un-test-nazionale-standard-per-riformare-il-sistema-educativo.html&Itemid=56
luciano bubbola
Set 29, 2008 -
Al di là delle personali e legittime posizioni culturali e politiche sul tema scuola e sui continui ‘tagli’ (mai cessati!); invito tutti a leggere il discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III Congresso dell’Associazione della scuola nazionale (Adsn), a Roma l’11 febbraio 1950 e pubblicato sul n. 762 di ‘Internazionale’ del 19 settembre 2008 (p. 21).
Sono passati 58 anni da quel discorso e sembra pronunciato ieri: lungimiranza profetica o semplice analisi di un declino iniziato più di 50 anni fa e voluto dalla classe politica?
Un insegnante molto orgoglioso della sua ‘missione’, ma anche molto, molto sfidiciato.
Luciano Bubbola
Sergio
Set 29, 2008 -
@smeerch, chiaro che lo stato nulla può sulla passione e la dedizione. ma sulle motivazioni, sull’inerzia di un sistema virtuoso, sull’eccellenza che spinge a dare il meglio e non ad accontentarsi, quello sì. e i miglioramenti verrebbero da sé. io sono un po’ stanco di vedere la scuola giudicata (male) per un manipolo di scansafatiche cronici. la scuola è piena di risorse non/mal gestite. e non sono certo i tagli, l’ostilità diffusa, i presidi manager la ricetta per dare vita alle energie disperse. secondo me, of course. 🙂
@livepaola, interessante, grazie per la segnalazione. condivido gli scopi e le necessità, molto meno la via meritocratica esasperata all’americana, tutto test e standard quantitativi.
@luciano bubbola, quel frammento rilanciato qualche settimana fa dall’unità e poi ripreso e rilanciato un po’ ovunque nei giorni successivi vedo che sta seminando i suoi germogli. evidentemente è molto interessante. grazie per il tuo orgoglio di insegnante seppur sfiduciato.
Katia
Set 30, 2008 -
Mi soffermo sulle tue ultime righe.
Avevo le tue stesse speranze otto anni fa, oggi mi rendo conto che è pura utopia. Cambierà qualcosa nei prossimi anni? Speriamo, io ci credo poco!