Questa sera eri una quindicenne brufolosa. Venerdì un operaio di quarant’anni. Due settimane fa uno studente venticinquenne. Secondo la mia esperienza di viaggi in treno – un totale di 400 punti maturati quest’inverno sulla IC Card in un triangolo di tratte che ha i vertici in Milano, Bologna e Pordenone – ci sei in quasi due viaggi su tre, senza distinzione tra Eurostar, Intercity e Interregionali. A te chiedo: è proprio necessario che tu ti metta regolarmente ad ascoltare al massimo volume tutte (tutte!) le suonerie del tuo cellulare?
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Divertente è stato, invece, leggere Trenità di Giuseppe Antonelli (edito da peQuod), un libretto che mi è stato istintivamente simpatico non appena visto in libreria e che si poi è rivelato della lunghezza ideale per coprire un tragitto in Eurostar tra Bologna e Milano. Il libro non mi è dispiaciuto affatto: alcune visioni inaspettate, alcune descrizioni e alcuni giochi linguistici sono strepitosi. Tuttavia a mente fredda dico che ha mantenuto solo in parte le suggestioni proposte dalle presentazioni di copertina (dove però è del tutto azzeccata la descrizione di un testo «reticolare, stratificato, ricco di echi e di campionamenti: più che un romanzo, un concept album»).
Trenità è un romanzo, ma apparentemente non ha né capo né coda. Per impostazione e sviluppo, particolare curioso, mi ha fatto pensare spesso a un blog trasposto su carta. Il linguaggio è originale e ricercato, al punto però di arrivare più volte a irritare il lettore per eccesso di ricercatezza e di effetto. I «campionamenti» di cui sopra sono stralci di canzoni appartenenti per (ab)uso all’immaginario collettivo e in quanto tali sono utilizzati come passaggi, raccordi, descrizioni essenziali all’interno del racconto: ottima trovata in un primo tempo, poi però non regge sempre l’alto livello inziale, stanca e lascia pensare a un malriuscito e semiserio tentativo di imitazione del ben più geniale Bergonzoni. Visto il filo conduttore (un uomo sale su un treno deciso a non scendere più – ma il tema principale è poi l’amore, o la sua mancanza), si apprezza soprattutto in viaggio, meglio se in una carrozza a scompartimenti di un Intercity.