Ho finalmente finito Insonnia, di Stephen King. Me lo sono trascinato dietro per mesi: credo di averlo cominiciato durante il trasloco, mentre ancora cercavo di chiudere in tempo il libro sui blog. Credo sia stata un’associazione poco conscia, all’epoca, ma in effetti in quel periodo riuscivo a dormire ben poco.

Ora, non sono sicuro che mi sia piaciuto. Adoro King per il suo stile, sempre così vivo e stimolante, e amo i suoi racconti più marginali, ovvero quelli non necessariamente horror (genere di cui non subisco il fascino), tipo Stagioni diverse per intenderci. Insonnia è poco horror, ma la tira terribilmente in lungo (oltre 700 pagine, nella mia edizione supereconomica), a momenti è noioso e – soprattutto nella prima parte – richiede più di un atto di fede al lettore. Però non sono mai riuscito a metterlo da parte.

Il motivo, credo, è che il libro ha il pregio non così frequente di farti entrare in un mondo diverso. Sbagliato: Il Signore degli Anelli ti porta in un mondo diverso. Questo libro di King ti porta dentro il tuo stesso mondo, ma ti dà due occhi diversi per guardarlo e interpretarlo. Utilizza il pretesto di una storia di tensioni antiabortiste in una cittadina americana per introdurre passo per passo il lettore in una dimensione progressivamente dilatata nelle percezioni sensoriali. A metà libro è tutto un parlare di aure, energie e dimensioni superiori: forse non rigoroso come uno studio sulla materia, ma documentato e coerente nel disegno narrativo.

Il risultato è affascinante, e quel che è più divertente condiziona anche il tuo modo di interpretare la realtà: per strada finisci irrimediabilmente per scrutare le persone con maggiore curiosità, i sensi sono pronti a cogliere alterazioni intorno al corpo, interpreti perfino gli stati d’animo sotto forma di colori. Qualcosa di simile mi aveva colpito nel bizzarro Al di là dei sogni, il film di Vincent Ward con Robin Williams.

Il che probabilmente fa di me un gonzo ideale per la vendita porta a porta di prodotti new age di terza mano, ma poco male. Evviva chi ha la mente abbastanza curiosa da non chiudersi a riccio quando arriva ai confini della realtà scientificamente misurabile.