Di Luca Masali ho sempre ammirato la capacità di rendere divertente – non digeribile: spassoso proprio – un articolo di informatica. Ho condiviso con lui i primi sei mesi degli oltre quattro anni che ho passato nella redazione di Internet News. Ricordo lunghi approfondimenti sulla sicurezza dei Pc o sul sesso dei portali che diventavano piccoli racconti da divorare in un fiato. E mica ci ragionava su delle ore: quante pagine servono?, ti chiedeva la mattina, e di lì a qualche ora avevi la tua novelletta pronta per l’uso, mai meno che vivace e ben documentata.
Bene, ora immaginatevi un talento del genere lasciato libero di scrivere un romanzo. L’ultimo – dei tre che ha già pubblicato – è uscito giusto tre settimane fa da Sironi: L’inglesina in soffitta. Con I biplani di D’Annunzio e La perla alla fine del mondo, che appartengono al filone della fantascienza all’italiana (dalle parti di Valerio Evangelisti, per intenderci), Masali è stato tradotto in mezza Europa e ha vinto anche i suoi bei premi. Con l’Inglesina abbandona la fantascienza e si dà al giallo, un intrigo internazionale al limite della fantastoria ambientato nel 1938 sulla rive del lago di Como. Di che cosa parla (bambini, spie, scienziati, aviatori, maestri d’ascia, contrabbandieri, balilla, ambasciatori, finanzieri, bambinaie, giornalisti, carabinieri), lo si può leggere nella sinossi di Luca, che dice tutto quel che c’è da sapere per non rovinarsi la storia. E, al limite, date un occhio al materiale messo insieme da Giuseppe Genna per i Miserabili.
Io aggiungo che del romanzo, divorato in una manciata di sere, mi è piaciuto soprattutto l’uso della lingua e dei dialoghi: in quattrocento e rotte pagine, Luca mette insieme italiano, laghé, retorica fascista, corruzioni infantili, un po’ d’inglese e (in un unico, fulminante frammento) pure un tocco cockney londinese. Assolutamente consigliato a chi cerca una lettura estiva appassionante, tre parti di commedia e una di tragedia.