Un fotogramma di Monsieur Ibrahim e i fiori del CoranoPrendi quattro dosi di Kim, tre di Will Hunting e di Scoprendo Forrester, due di Karate Kid (ma può andare bene anche Il ragazzo dal kimono d’oro). Mescola il tutto a lungo e, dopo averlo versato in un bicchiere, aggiungi una scorza di Bagno Turco, una ciliegina alla 400 colpi e guarnisci il tutto con una spolverata di Thelma&Louise. Ecco fatto il cocktail Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano. Che non è niente male, soprattutto se lo prendi con leggerezza, se ti sei fatto depistare a sufficienza dal trailer, se non hai idea di che cosa tratti e se ignori dove vada a parare. Piccolo bignami senza pretese e piuttosto conciliante sulle differenze culturali tra le religioni, il film resta tutto sommato credibile anche quando da storia della formazione alla vita di un sedicenne ebreo preso sotto l’ala protettrice di un anziano commerciante sufi si trasforma in un road movie che parte dalla periferia parigina per arrivare agli sterrati del Corno d’Oro. Misurato nell’alternare elementi scontati a evoluzioni sorprendenti, Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano regala piacevoli chicche, a cominciare dal viaggio raccontato per cieli e per odori. Ottimo il cast, notevoli i due protagonisti (Omar Sharif e il debuttante Pierre Boulanger), bravo il regista François Dupeyron a non farlo scadere in un intollerabile polpettone di buoni sentimenti.