A volte tirar giù in modo plateale i server del più potente network internazionale di controinformazione, a quanto pare solo per cancellare una foto indiscreta, non è solo una procedura screanzata, ma anche il modo migliore per mettere migliaia di attivisti sulle tracce dei contenuti che si vogliono nascondere.
Poco bello è anche che a un atto così grave non segua, dopo oltre 36 ore dal sequestro del server di Indymedia presso il provider inglese, qualche certezza sulle responsabilità dell’operazione, al momento apparentemente condivisa tra Fbi e governi di Italia e Svizzera.
Simpatica o antipatica che vi stia Indymedia, che in fondo qualche merito sul campo se l’è guadagnato, immagino che se mai vi dovessero sequestrare gli hard disk non vi dispiacerebbe sapere quanto meno chi lo sta facendo, per conto di chi, per quale motivo e con quali conseguenze.