Vabbé, visto che il fatto è diventato pubblico con tanto di nome e cognome (su Punto Informatico Solido di febbraio), ne parlo. Anche perché, a quanto pare, la faccenda non è ancora finita.

Succede questo. Nel giugno scorso cambio casa e chiedo a Telecom Italia di installare una linea domestica. Due giorni dopo l’attivazione mi chiama un’impiegata del marketing per propormi Alice Free in promozione gratuita fino a metà settembre. “Ma poi posso cambiare in qualunque momento?”, chiedo io. “Certo”, fa lei.

Navigo le mie buone dieci ore al giorno fino a inizio settembre, quando chiedo al 187 di trasformare la promozione in scadenza in un profilo Alice Flat. “Tutto ok!”, fa l’addetto. “Tutto ok?”, mi assicuro io. “Significa che non devo fare nient’altro ed entro il 15 settembre, quando scade la promozione, subentra il nuovo profilo?”. “Nemmeno un giorno scoperto”, conferma lui.

A inizio novembre arriva la bolletta del bimestre settembre-ottobre: 303 euro e spiccioli. “Capperi!”, dico io, “Fammi sentire il 187”. Dove la malcapitata di turno, imbarazzata e non sapendo che pesci pigliare, mi risponde qualcosa del tipo: “È colpa sua, avrebbe dovuto controllare”. Controllare che cosa? E soprattutto: come? A questo punto, per la prima volta, mi inquieto e scrivo una raccomandata piuttosto piccata all’operatore, spiegando tutto per filo e per segno.

Negli stessi giorni parlo per caso dell’accaduto con Alessandro Longo, che stava cominciando la sua inchiesta sui call center poi comparsa sul primo numero di Punto Informatico Solido. Dopo avermi chiesto il permesso, propone l’accaduto come caso emblematico nel corso di un’intervista con un pezzo grosso di Telecom Italia. Il quale prende atto e ammette alcuni errori di procedura. Naturalmente dopo questo episodio a me arrivano una serie di telefonate premurose dall’amministrazione dell’operatore telefonico, desiderose di sistemare lo spiacevole malinteso e scusarsi per l’errore.

Ne veniamo a capo. Con qualche lungaggine e un paio di contraddizioni contabili, ma dignitosamente ne veniamo a capo. “Succederà lo stesso per la prossima bolletta”, mi allertano, “perché la variazione formalmente entra in vigore solo oggi. La richiamiamo noi fra due mesi”. “Nessun problema, basta che alla fine i conti tornino”, dico io. Dopo un po’ di giorni ci ripensano: “Guardi, evitiamo di aspettare la prossima bolletta, sistemiamo ora i conti e la chiudiamo qui”. Prendo atto.

Poco prima di Natale arriva la seconda bolletta. Dalla quale correttamente sono stati stralciati corrispettivi non dovuti per alcune centinaia di euro. Nella stessa bolletta, però, facevano la loro comparsa oltre 40 euro di una fantomatica installazione Alice e un’idennità di ritardato pagamento che non aveva ragione di esistere. Ennesima contraddizione, inoltre, non era ancora stato calcolato il canone mensile di Alice Flat.

Avendo imparato a mie spese che per questioni del genere si fa prima a spedire una raccomandata al Servizio Clienti Residenziali piuttosto che tentare la sorte al 187, spedisco una paziente richiesta di revisione del conto telefonico. Dopo le Feste mi richiamano dall’amministrazione e sistemano di nuovo i conti. Io resto perplesso per come certe cifre compaiano o scompaiano con tanta facilità dalla mia bolletta, ma mi arrendo di fronte alla disponibilità dell’impiegata che si è presa a cuore la mia situazione.

Faccenda finalmente chiusa? Ma sì, ora non mi resta che controllare per scrupolo la prossima bolletta e dopo oltre sei mesi potrò dichiarare chiuso lo spiacevole disguido contabile.

Col cavolo. L’altro giorno mi arriva per posta un assegno non trasferibile di 259,27 euro con cui Telecom Italia si premura di rifondermi i soldi erroneamente addebitati in una bolletta che, per accordo con la stessa Telecom Italia, io non ho mai pagato. Richiamo la mia gentile referente, che ha l’aria di chi ormai non si stupisce nemmeno più, ma si accontenta di trovare soluzioni e in fretta. Mi conferma che mi tocca proprio intascarlo, quell’assegno, nato probabilmente da un fraintendimento tra due diverse sedi amministrative dell’operatore telefonico, perché non lo si può annullare senza creare disastri amministrativi. Dopodiché dovrò trasferirli nuovamente a Telecom Italia e considerare la partita chiusa.

Tutto risolto, questa volta? Beh, insomma, quasi: dopo qualche ora suona il telefono. È un’allarmata impiegata di Telecom Italia: “Lei ha ricevuto un assegno che non le spetta!”.

Arriva tardi, signorina, arriva tardi.