Nel libro che esce la prossima settimana concludo dicendo che è il giornalismo la via d’uscita alla crisi del giornalismo. Concetto qui generico e fuori contesto, ma che riconosco in pieno nella riflessione avviata la scorsa settimana da Mario Tedeschini Lalli sulla necessità, per chi fa informazione, di cominciare a lavorare seriamente sui dati.
Si tratta di cominciare a trattare di dati, gli elementi di base di ogni ricerca o indagine giornalistica per quello che valgono: cioè molto. Scoprirli, organizzarli, renderli commentabili e annotabili. E per dati possiamo intendere sia i numeri, le tabelle, le statistiche; sia i documenti, i testi originali ecc. Qualcuno potrebbe dire che si tratta di una funzione “archivistica”, io sostengo che mettere il pubblico in grado di scrutare e analizzare i dati sulla base del quale la politica o il potere in genere prendono le decisioni sia una funzione tipicamente giornalistica. Il bello di questo nuovo mondo digitale e che possiamo andare oltre i semplici “esempi” che possiamo mostrare o citare in un articolo o in una pagina e offrire al pubblico, al cittadino il materiale originale, tutto il materiale originale – in forma significativa. Da questo punto di vista occorre agire in due direzioni: verso le autorità pubbliche e verso i processi stessi di costruzione giornalistica.
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In Italia il giornalismo online è ancora quasi completamente da costruire. Nelle pratiche, ma prima ancora nelle premesse culturali – tanto dei giornalisti quanto dei lettori. La nostra è una nazione ostinatamente abbarbicata all’approssimazione e all’emotività. Per motivi opposti e sventatezza comune, sia i disinformatori di massa sia gli attivisti della controinformazione indulgono pesatemente nel fanatismo e nell’esaltazione. È una strategia criminale per quanto riguarda i primi, suicida per i secondi. Una società che conservi un briciolo di amor proprio ha il dovere di tornare non tanto alla verità, quanto ai fatti. I fatti si possono ricostruire, quasi sempre, con freddezza e precisione. Internet e il giornalismo digitale aprono enormi opportunità in questo senso, altro che professione svuotata. È un campo che mi affascina molto e che sto esplorando da qualche tempo anche con FactCheck.it, un quaderno di appunti pubblico e collaborativo che un giorno mi piacerebbe aiutare a far crescere in una dimensione più attiva e propositiva.
In questo contesto si innesta la proposta di Tedeschini Lalli, che promette di rilanciare nei prossimi giorni. Siccome Mario è saggio, conosce bene lo stato dell’arte del giornalismo digitale e sa guardare più lontano di me, mette subito l’accento su una premessa indispensabile. Se vogliamo lavorare sui dati e sui fatti, dobbiamo prima fare in modo che quei dati e quei fatti siano disponibili e accessibili su larga scala. I dati sono patrimonio dei cittadini: oggi, in Italia, siamo ancora molto lontani da questo presupposto. C’è un gran lavoro di sensibilizzazione culturale e normativa da un lato, professionale dall’altro. Per quanto mi riguarda, come cittadino prima ancora che come giornalista, io sono a disposizione.
Aggiornamento, ore 10: proprio stamattina a Frontiers of Interaction 2010 (streaming live) il ministro Renato Brunetta ha anticipato il lancio di un data.gov italiano (ovvero di una repository dei dati pubblici, sulla falsa riga degli esempi statunitense e inglese) entro la fine dell’anno.
Andrea
Giu 3, 2010 -
Per esempio spulciando la manovra pagina per pagina e non lamentandosi perché il file è troppo pesante da scaricare…
Kataweb.it – Blog – Giornalismo d’altri » Blog Archive » I dati e il giornalismo/2: Brunetta promette dati pubblici entro l’anno
Giu 3, 2010 -
[…] cominciare a parlarne?Manfredi su Reportage delle scuole di giornalismo finalisti al premio AlpiGiornalismo, cominciamo a parlare di dati » Sergio Maistrello su I dati e il giornalismo/1: vogliamo cominciare a parlarne?Tornare a parlare di dati – […]
Lorenzo
Giu 3, 2010 -
Ben vengano tutte le inziative pubbliche che “liberano dati”.
Il problema centrale per l’Italia però, a mio avviso, non è tanto quanta trasparenza sono disposti a fornire motu proprio gli enti, i ministeri e tutti quelli che gestiscono dati e informazioni di carattere pubblico, ma quanti e quali informazioni possiamo ottenere noi cittadini, giornalisti o operatori di settore.
Tradotto: in Italia abbiamo bisogno di una vera legge sull’accesso, un vero Foia italiano, non questa mezza legge che ci ritroviamo oggi.
Ottenerla credo però non sarà facile. Però non sarebbe brutto provarci.
Sergio
Giu 4, 2010 -
Vero, Lorenzo. Resto però dell’idea che prima ancora di questo sia essenziale che gli “utenti” di quella trasparenza, o per meglio dire i titolari di questo diritto di conoscere e riutilizzare i dati, diventino consapevoli dell’opportunità e della responsabilità che tutto ciò comporta. Non ce ne faremo nulla di questa trasparenza finché servirà per lo più ad alimentare pensiero intellettualmente disonesto o peggio ancora manifestazioni isteriche, grillesche e compiaciute. Se vogliamo migliorare i giornalisti, i politici, coloro che riteniamo responsabili del modo becero in cui vanno le cose, insomma, dobbiamo prima miglirare noi stessi.