Ieri sera a Mestre – era un dibattito sul futuro del giornalismo, tra carta e rete – verso la fine è arrivata una domanda interessante da una persona in sala. Diceva, su per giù: ai miei tempi c’era un bel libro, ti insegnava come utilizzare in modo consapevole gli strumenti di comunicazione di allora. Era Come si legge un giornale di Paolo Murialdi. Come si intitolerebbe oggi un libro del genere?
Io – avevo appena finito di parlare dell’inadeguatezza delle leadership, che interpretano i problemi del 2010 con la testa del 1985, e della necessità di pensare non tanto alle regole da imporre, ma alla consapevolezza e alla responsabilità individuale da coltivare – ho risposto d’istinto Come essere buoni cittadini.
Ma m’è sembrata una domanda inconsueta e ricca di sfumature, e mi piacerebbe raccogliere qualche altra idea in proposito.
Giorgio Jannis
Ott 22, 2010 -
Come abitare il paesaggio mediatico. Tra mediaeducation (grammatiche e risvolti socio della ricezione e oggi produzione) e cittadinanza digitale (vedere l’ecosistema, partecipazione, valori in gioco)
Sergio
Ott 22, 2010 -
Jannis secchione 😉
Gaspar
Ott 23, 2010 -
Dico cose scontate. “Come si legge un giornale”, astraendo dal contingente del 1985, significa “come ci si rapporta al mondo dell’informazione”. Verrebbe quindi da dire che la risposta è “come si legge internet”, ma in realtà il rapporto con internet non è passivo come quello con la stampa. Quindi la risposta giusta non può che essere “come si partecipa su internet”.
Luciano61
Ott 23, 2010 -
Ma si può diffidare dei troppi ‘Manuali di istruzioni… per l’uso’, senza sembrare troll ‘a prescindere’ da quello che penso?
Credo proprio di sì!
🙂
Sergio
Ott 23, 2010 -
@Gaspar, quindi tu ne faresti un’equivalenza pura da mezzo di comunicazione a mezzo di comunicazione. Io azzardavo qualcosa di più, sostenendo implicitamente che presenza, partecipazione, responsabilità oggi sono sempre più connaturate allo stare al mondo e al rapportarsi con la complessità.
@Luciano61, certo che puoi. Semplicemente non aggiungi nulla al confronto. 🙂
Luciano61
Ott 23, 2010 -
Allora per aggiungere anch’io qualcosa, sostengo che in tale contesto comunicativo si ha la netta sensazione di una pericolosa ‘eterogenesi dei fini’…
Sempre che ciò sia ‘in linea’ con il pensier-dominante!