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Tag: diritti civili

Luglio 15 2007

In un paese sempre più spaventato dalle idee (indipendentemente dal buon gusto con cui le idee sono confezionate), questa piccola notizia friulan-europea mi sembra un adeguato segnale di buon senso:

UDINE. Si era sposato un anno fa, il 1° luglio 2006, e aveva chiesto il congedo matrimoniale alla Regione. Solo che Giulio Papa, 36 anni, udinese, funzionario dell’ufficio di rappresentanza della Regione Friuli Venezia Giulia a Bruxelles è gay. E davanti al sindaco di Anversa ha sposato Dirk Van den Eede, 38 anni, militare dell’esercito belga. Così, dopo un anno di “sospensione” del congedo matrimoniale per accertamenti, la Regione ha deciso di dire sì ai 15 giorni previsti per tutti i dipendenti, applicando la normativa Ue. Il caso legale non ha precedenti in Italia. E il governatore Riccardo Illy lo sa bene. Ma alla richiesta degli uffici tecnici alla giunta regionale di richiedere un parere giuridico al tribunale italiano, la Regione ha risposto di no. E questo non solo perché ai tribunali non si possono chiedere pareri – la persona interessata al fatto avrebbe potuto rivolgersi al giudice – ma anche, spiega Illy, «perché sarebbe stato umiliante per il nostro collaboratore».

[Leggi tutto l’articolo di Tommaso Cerno – tratto dal Messaggero Veneto – su GayNews]

Premetto che io in questa storia (fatta di molti particolari che l’edizione cartacea di oggi del Messaggero Veneto, ahimé solo su carta oppure a pagamento, raccoglie con cura) sono decisamente di parte: Giulio non è soltanto una persona di rare etica e magnanimità, ma è soprattutto un amico carissimo. E Dirk è perfino più simpatico. Ero presente al loro matrimonio e conosco, seppur per sommi capi, le vicissitudini burocratiche che hanno contraddistinto quest’anno di – come li chiamano con pudore i verbali – accertamenti.

Può sembrare una piccola cosa, questa di un governatore che si assume la responsabilità politica di preferire una normativa europea laddove lo Stato italiano mantiene forti incongruenze. E che la preferisce non soltanto perché in buona parte del continente strabuzzano gli occhi se gli racconti le nostre discriminazioni per legge, ma anche perché ci sono dei limiti sul modo in cui le virgole della burocrazia possono mettere in discussione la dignità di una brava persona.

Tutto questo non è scontato, nel 2007, in un’Italia più occupata a inventarsi nuovi acronimi a misura di salotto televisivo che ad affrontare apertamente i propri nervi scoperti. Tanto che una svolta in fin dei conti piuttosto logica come questa finisce che l’accogli con un moto di sano stupore. Così oggi io non sono felice soltanto per l’esito favorevole che riguarda un amico mio, ma sono un po’ contento anche per tutti noi.

Settembre 13 2005

L’ennesima baraonda sul possibile riconoscimento delle coppie di fatto è indegna di un paese, non dico neanche europeo, ma civile. Eppure è talmente semplice: non stiamo parlando di cambiare la realtà, stiamo parlando di prendere atto – ci piaccia o meno – che la realtà è già cambiata da un sacco di tempo e che è necessario adeguare dignitosamente gli strumenti legali che regolano i legittimi spazi di ciascuno. Con buona pace della sacralità del matrimonio, che pure riconosco e rispetto: semplicemente stiamo parlando di un’altra cosa.

Ottobre 13 2004

Poiché il ministro Tremaglia non solo conferma, ma rincara le sue dichiarazioni, mi sento di congratularmi con il movimento omosessuale italiano ed europeo per l’importante traguardo raggiunto. Come dice Tom,

Ragazzi, è finalmente arrivato il nostro momento: il ministro Tremaglia ha appena reso ufficiale che l’Europa ormai è a maggioranza frocia. Fra le prossime leggi che il Parlamento europeo certamente non mancherà di approvare sono già in programma degli incentivi per tutti i gay che decidano di sposarsi e adottare un pargoletto (compresi forti sconti da Bang & Olufsen, Versace e Clinique)… [continua a leggere su Tom Online]

Agosto 1 2003

Sapete com’è, io mi inquieto un po’ quando sento dire che alcuni tra i miei amici – di norma persone piuttosto degne – potrebbero avere aspirazioni gravemente immorali. Dunque mi ha colpito molto il documento di ieri con cui la Chiesa ha giudicato ancora una volta «nocive per il retto sviluppo della società umana» le unioni tra persone dello stesso sesso e «gravemente immorale» la loro legalizzazione.

Ora io, oltre a voler bene a tutti i miei amici senza condizioni, riconosco alla Chiesa il diritto, se non addirittura il dovere, di esporre visioni in coerenza con la propria missione. E ritengo che le persone – fedeli, non praticanti, atee, agnostiche che siano – siano pur sempre libere di mediare ogni messaggio ecclesiastico alla luce della propria sensibilità. Per quanto concerne lo Stato, invece, ho la ferma convinzione che – comunque la si pensi in fatto di religione – la sua laicità sia una garanzia di civiltà e di pacifica convivenza. Dunque per me il documento di ieri è e resta il parere, in quanto tale rispettabile, della Chiesa in materia di unioni civili. Rispettare l’opinione non significa condividerla, e infatti non la condivido.

Non sono così ingenuo da non capire che nella realtà quel documento ha un peso politico determinante, ma credo che sia più importante porre attenzione sull’oggetto del contendere. Perché temo che sulle unioni civili (tra persone dello stesso sesso, ma anche tra eterosessuali) si stia facendo molta confusione. Promuovere la famiglia e la procreazione è un conto, sbattere la porta in faccia a persone che verosimilmente non daranno comunque vita a una famiglia “tradizionale” è un’altra. Quello che a molti ancora sfugge, forse, è che la lobby gay (non da sola, peraltro) chiede allo Stato non l’autorizzazione a una cerimonia in abito bianco, ma il riconoscimento giuridico di una realtà di fatto che, piaccia o non piaccia ai più bigotti tra noi, esiste a priori. E in molti Paesi europei questo è stato compreso da tempo.

Così, impedire l’assistenza al patner ammalato, rifiutare forme civili di condivisione di diritti e di doveri reciproci, non garantire all’eventuale partner superstite una certezza di stabilità vita che prescinda dalla vita del compagno o della compagna e via dicendo sarà anche la strana espressione di una presunta moralità pubblica, ma a me continua a apparire solo una cinica e crudele mancanza di senso della realtà. Persone dello stesso sesso continuano e continueranno a vivere insieme, ad amarsi e rispettarsi con o senza una carta da bollo. Anche più che in passato, perché – beata l’ora – forse i tempi sono abbastanza maturi da non costringere le persone a vergognarsi dei propri sentimenti.

Ci sono articoli interessanti, sui giornali di oggi. Non li condivido tutti, ma quasi sempre provocano con intelligenza. Tra quelli linkabili e non a pagamento segnalo:

La Chiesa e lo Stato
Gaspare Barbiellini Amidei sul Corriere della Sera

Quelli che hanno paura dell’amore
Lidia Ravera sull’Unità

Un altro schiaffo a noi omosessuali credenti
intervista a Fabio Perone sull’Unità

La vignetta, insieme dura e delicata, di Staino sull’Unità

Ratzinger e le coppie omosessuali
editoriale su Il Foglio