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Tag: tiziano terzani

Luglio 28 2006

In piazza

Il 28 luglio di due anni fa si spegneva Tiziano Terzani. Questa sera in molte piazze italiane i suoi estimatori meno timidi si incontreranno per leggere ad alta voce ai passanti le pagine del giornalista fiorentino che stanno loro più a cuore. Il mio cortile, per oggi, è questo. Le pagine che mi stanno più a cuore sono di sicuro in Un altro giro di giostra, ma è un libro da cui è difficile estrarre brani sufficientemente immediati ed evocativi, va letto da cima a fondo. E allora fate finta che stia leggendo ad alta voce questo, da Lettere contro la guerra:

Aria, acqua, terra e fuoco, che tutte le antiche civiltà hanno visto come gli elementi base della vita – e per questo sacri – non sono più com’erano, capaci di autogenerarsi naturalmente da quando l’uomo è riuscito a dominarli e a manipolarne la forza ai propri fini. La loro sacra purezza è stata inquinata. L’equilibrio è stato rotto. Il grande progresso materiale non è andato di pari passo col nostro progresso spirituale. Anzi: forse da questo punto di vista l’uomo non è mai stato così ricco. Da qui l’idea che l’uomo, coscientemente, inverta questa tendenza e riprenda il controllo di quello straordinario strumento che è la sua mente. Quella mente, finora impegnata prevalentemente a conoscere e ad impossessarsi del mondo esterno, come se quello fosse la sola fonte della nostra struggente felicità, dovrebbe rivolgersi anche all’esplorazione del mondo interno, alla coscienza di sé. [..] Allora fermiamoci. Immaginiamoci il nostro momento di ora dalla prospettiva dei nostri pronipoti. Guardiamo all’oggi dal punto di vista del domani per non doverci rammaricare poi d’aver perso una buona occasione. L’occasione è di capire una volta per tutte che il mondo è uno, che ogni parte ha il suo senso, che è possibile rimpiazzare la logica della competitività con l’etica della coesistenza, che nessuno ha il monopolio di nulla, che l’idea di una civiltà superiore a un’altra è solo frutto di ignoranza, che l’armonia, come la bellezza, sta nell’equilibrio degli opposti e che l’idea di eliminare uno dei due è semplicemente sacrilega.

Segnalo inoltre che oggi, venerdì – nel pomeriggio su RaiNews24 e in seconda serata Raitre – verrà trasmesso Tutti i colori di una vita, un documentario che raccoglie alcuni estratti delle registrazioni originali dei dialoghi tra Folco e Tiziano Terzani da cui è nato il libro postumo La fine è il mio inizio.

Marzo 28 2006

Ho perso l’abitudine di appuntarmi qualche nota sui libri che transitano per casa. È ora di ricominciare, anche se sono giorni intensi che non lasciano molto tempo alle divagazioni extralavorative.

Ho chiuso da poco il nuovo libro di Tiziano Terzani, La fine è il mio inizio, uscito postumo e curato dal figlio Folco. Di Terzani ho già parlato con entusiasmo qualche mese fa, dopo aver letto il meraviglioso Un altro giro di giosta. L’entusiasmo di oggi non è lontano. Il libro è il delicato invito a prendere parte a sorta di testamento spirituale che un padre consegna a suo figlio. C’è la vita del giornalista dall’infanzia agli ultimi giorni, c’è la professione nei suoi tempi d’oro, ci sono gli alti e ci sono i bassi, c’è l’Oriente e c’è l’Occidente, c’è la ricerca di un senso universale e il tentativo (straordinariamente riuscito) di affrontare con serenità la fine imminente. Sui temi della ricerca profonda di sé il libro precedente resta il capolavoro, ma queste nuove pagine, frutto di un dialogo tra Terzani e suo figlio durato settimane, sono qualcos’altro. Sono una visione dall’alto, il racconto a voce alta di un cerchio che si chiude e la testimonianza dal vivo di un’anima che si dona in eredità ad altre vite.

Non suoni troppo irriverente: per qualche strana associazione mentale, mentre leggevo mi è tornato in mente Mork e Mindy, il telefilm anni ’80 interpretato da un giovanissimo Robin Williams. L’extraterreste Mork arriva sulla terra dal pianeta Ork per studiare da vicino i suoi abitanti, salvo poi innamorarsi della bella terrestre che lo ospita eccetera. Mi veniva in mente in particolare il resoconto che alla fine di ogni puntata dello sceneggiato Mork faceva a Orson, il capo del pianeta che l’aveva mandato in missione sulla Terra, raccontando dal suo svagato punto di vista stranezze e tenerezze della vita umana.

Le conversazioni trascritte da Folco Terzani ricordano quei dialoghi in cui l’uomo contemporaneo veniva guardato con lucidità e compassione, per raccontarne i difetti e gli slanci inaspettati. Nelle settimane prima di morire, nell’estare del 2004, Terzani questo faceva, con spessore certo maggiore di un telefilm: un bilancio sulla vita umana con gli occhi distaccati di chi è già altrove, lontano dalle contingenze, trovando il filo rosso – della propria esistenza, certo, ma non solo – da consegnare alla propria famiglia e, tramite questa, a chiunque ne avesse desiderio. Un esempio straordinario, come del resto fuori dall’ordinario è stata la sua vita. Un esempio felice, soprattutto, come felice è un uomo che in punto di morte ha la lucidità e la serenità di raccontarsi, forte della propria compiutezza.

Quello che resta a me è soprattutto la conferma della sensazione che tutto sia ciclico, ripetitivo nel bene e nel male, e che la via di uscita che renderà migliori noi e renderà migliore questo mondo non stia affatto dove oggi ci ostiniamo a cercarla.

Agosto 19 2005

I libri-che-ti-rivoltano-come-un-calzino sono di due tipi. Ci sono quelli inaspettati e di rottura, che distruggono il tuo modo consolidato di vedere il mondo e te ne propongono un altro più complesso. E poi ci sono quelli che ti spintonano alle spalle lungo un sentiero sul quale già ti eri incamminato da qualche tempo con passo esitante. Un altro giro di giostra appartiene, per quanto mi riguarda, al secondo gruppo e va ad aggiungersi a una lunga serie di stimoli che mi stanno dando da pensare negli ultimi mesi.

C’è un tale condensato di esperienza, e ricerca, e abbozzi di risposte alle domande di qualsiasi uomo, che credo nessuno possa permettersi di ignorarlo. Tiziano Terzani parte da una malattia specifica – la sua, il suo cancro – e arriva alla radice della malattia dell’umanità. Che in fin dei conti, dice Terzani, è la mortalità, ma si manifesta in tutte le forme di disagio (medico, psicologico, sociale) che viviamo tutti i giorni sulla nostra pelle. La medicina esiste e non è preclusa a nessuno: cambiare prospettiva, fare scelte, compiere un percorso, chiudere cerchi, trovare un seme di pace dentro di sé (per poi «farla germogliare ovunque», ma questa è un’altra storia).

Tengo così tanto a questo libro e all’idea che possano leggerlo quante più persone possibile, da temere le parole che potrei usare per descriverlo. Temo di rovinare il suo equilibrio così raro di emozione, di razionalità, di saggezza, di magia, di tragedia e di commedia. Anche perché se una cosa mi è chiara, più che mai dopo aver girato l’ultima pagina, è che non è importante il punto di arrivo (ovvero di che cosa parla il libro, l’argomento, il soggetto, l’indice, la quarta di copertina), ma il processo che porta a raggiungerlo (ovvero leggerlo come esperienza individuale, in quel momento e in quel luogo). Una faccenda, questa dei processi più che dei risultati [buon G., forse ho finalmente capito!], che Terzani usa molto spesso a sostegno delle sue riflessioni sulle diverse tradizioni mediche, sui rimedi miracolosi e, in ultima analisi, sulla mente come centro nevralgico di ogni possibile guarigione.

Insomma, il messaggio è leggetelo! Anche se Terzani vi è sempre stato sulle palle. Anche se siete diventati cinici. Anche se pensate che quelle robe là alternative – come la medicina orientale, le religioni dell’altro emisfero, la bizzarra ricerca d’altro nel nostro emisfero – abbiano poco da dirvi. Leggetelo anche se state benissimo e non avete persone care ammalate (e in quel caso, temo, non dovreste proprio farne a meno). Leggetelo anche se siete uomini di scienza, tutti d’un pezzo, e pensate che non sia rimasto molto, ormai, da spiegare. Non fatevi scoraggiare dalle premesse radicalmente pacifiste ed ecologiste, perché Terzani – col suo viaggio tra Oriente e Occidente alla ricerca della Cura – va molto oltre e ha il merito di aver lasciato un testamento spirituale che ha qualcosa da dire a chiunque viva oggi su questa Terra un po’ malconcia, benché bellissima.

[E a te, che mi hai dato questo libro e tante altre gioie, grazie.]

-°-

Qualche scorciatoia per invogliare gli incerti:
– il dvd Anam, il senzanome, ultima intervista a Terzani realizzata da Mario Zanot, è un buon bignami dei temi del libro e del percorso umano del suo autore.
– il sito storico dedicato a Terzani da alcuni dei suoi più appassionati estimatori (tizianoterzani.com) raccoglie ogni genere di testimonianza (testi, audio, video) su vita e opere del giornalista toscano, onorandone degnamente la memoria. Sullo stesso sito, in collaborazione con Longanesi, si possono leggere gratuitamente le prime cinque pagine di Un altro giro di giostra (in formato doc).

Giugno 23 2005

Limbo

Dici bene che è tempo di tornare alla realtà, di riprendere la vita di tutti i giorni. Io nemmeno riesco più ad accendere la tv senza sentirmi male. E poi a momenti ho il panico: sento tutto d’un tratto il capitalismo che ci sta franando addosso, lo vedo così chiaro ora che non riesco a capire chi ci abbia convinto a fare finta di nulla.

Fai il pieno per un mese di vita vera, delle emozioni che contano, degli affetti che ti riempiono la vita. Poi finisci per quindici giorni in un’isola di gente semplice, talmente semplice che forse ha capito qualcosa. Lì i lavori che si possono fare in dieci, e che da noi si fanno in cinque, lì li fanno almeno in venti. Lì la gente sorride la mattina, sorride il pomeriggio e sorride la sera. Sorride anche quando non li guardi. Arrivi e pensi che abbiano tanto da imparare; parti e sei convinto che quello che potrebbero insegnare è ben di più.

E nel frattempo leggi Terzani, che nel suo ultimo libro viaggia con la mente e con il corpo tra le civiltà. Accumuli confronti su confronti, ma i conti non tornano: perché è pur sempre nel tuo mondo che alla fine dei conti vorresti vivere, ma il tuo mondo ti sembra aver perso completamente il senso della misura e della decenza. E del bello.

È di questo che ti rendi conto, quando stacchi la spina: che siamo drogati, completamente assuefatti a un mondo artificiale. I mondi artificiali sono bellissimi: non si rompono mai. Ma il nostro mondo imperfetto era ancora più bello, ed era tutto nostro, solo che siamo talmente storditi da badilate imperterrite di marketing che non ce lo ricordiamo nemmeno più. Corriamo avanti come matti, ma la meta stava alle nostre spalle ed era così facile da raggiungere. Ma che cosa fai, quando sei lì in mezzo, il bastian contrario che va contromano o segui la corrente?

Facciamo così. Io me ne sto in disparte ancora un po’.