Ho perso l’abitudine di appuntarmi qualche nota sui libri che transitano per casa. È ora di ricominciare, anche se sono giorni intensi che non lasciano molto tempo alle divagazioni extralavorative.

Ho chiuso da poco il nuovo libro di Tiziano Terzani, La fine è il mio inizio, uscito postumo e curato dal figlio Folco. Di Terzani ho già parlato con entusiasmo qualche mese fa, dopo aver letto il meraviglioso Un altro giro di giosta. L’entusiasmo di oggi non è lontano. Il libro è il delicato invito a prendere parte a sorta di testamento spirituale che un padre consegna a suo figlio. C’è la vita del giornalista dall’infanzia agli ultimi giorni, c’è la professione nei suoi tempi d’oro, ci sono gli alti e ci sono i bassi, c’è l’Oriente e c’è l’Occidente, c’è la ricerca di un senso universale e il tentativo (straordinariamente riuscito) di affrontare con serenità la fine imminente. Sui temi della ricerca profonda di sé il libro precedente resta il capolavoro, ma queste nuove pagine, frutto di un dialogo tra Terzani e suo figlio durato settimane, sono qualcos’altro. Sono una visione dall’alto, il racconto a voce alta di un cerchio che si chiude e la testimonianza dal vivo di un’anima che si dona in eredità ad altre vite.

Non suoni troppo irriverente: per qualche strana associazione mentale, mentre leggevo mi è tornato in mente Mork e Mindy, il telefilm anni ’80 interpretato da un giovanissimo Robin Williams. L’extraterreste Mork arriva sulla terra dal pianeta Ork per studiare da vicino i suoi abitanti, salvo poi innamorarsi della bella terrestre che lo ospita eccetera. Mi veniva in mente in particolare il resoconto che alla fine di ogni puntata dello sceneggiato Mork faceva a Orson, il capo del pianeta che l’aveva mandato in missione sulla Terra, raccontando dal suo svagato punto di vista stranezze e tenerezze della vita umana.

Le conversazioni trascritte da Folco Terzani ricordano quei dialoghi in cui l’uomo contemporaneo veniva guardato con lucidità e compassione, per raccontarne i difetti e gli slanci inaspettati. Nelle settimane prima di morire, nell’estare del 2004, Terzani questo faceva, con spessore certo maggiore di un telefilm: un bilancio sulla vita umana con gli occhi distaccati di chi è già altrove, lontano dalle contingenze, trovando il filo rosso – della propria esistenza, certo, ma non solo – da consegnare alla propria famiglia e, tramite questa, a chiunque ne avesse desiderio. Un esempio straordinario, come del resto fuori dall’ordinario è stata la sua vita. Un esempio felice, soprattutto, come felice è un uomo che in punto di morte ha la lucidità e la serenità di raccontarsi, forte della propria compiutezza.

Quello che resta a me è soprattutto la conferma della sensazione che tutto sia ciclico, ripetitivo nel bene e nel male, e che la via di uscita che renderà migliori noi e renderà migliore questo mondo non stia affatto dove oggi ci ostiniamo a cercarla.