Da Alfonso Fuggetta è in corso un interessante dibattito (ripreso anche da Federico Fasce) riguardo all’’opportunità di creare reti WiFi cittadine quando ormai le infrastrutture della telefonia mobile, grazie soprattutto alle nuove e pubblicizzatissime chiavette dati, consentono ovunque accessi a Internet competitivi in velocità e costi. Perché dunque duplicare investimenti e disperdere risorse, si chiede più di qualcuno. Le opinioni emerse nei commenti al post originale sono molto varie e in genere ben documentate, ne consiglio la lettura. Io non sono un tecnico in senso stretto e non mi sento di avere ancora una posizione forte sull’argomento, tuttavia sono particolarmente sensibile allo sviluppo di reti wireless locali per via della sperimentazione in corso nella mia città. Dunque provo a isolare qualche ulteriore punto a mio parere significativo, badando a non farmi condizionare troppo da tutto il male che penso dei gestori di telefonia mobile.

C’è un aspetto commerciale. Nel caso del WiFi cittadino, la città si costruisce la sua rete, stabilisce le regole di accesso e gestione, identifica il fornitore di banda più conveniente tramite bando, quindi i cittadini usufruiscono di un servizio gestito da loro stessi e pagato dal governo locale con i soldi di tutti. L’’amministrazione pubblica, ideale garanzia degli interessi pubblici, si pone tra il cittadino/utente e l’’operatore commerciale. Il cittadino/utente non ha nemmeno bisogno di sapere chi gli fornisce la banda, poiché il suo interlocutore è l’amministrazione pubblica, per definizione non commerciale. Nel caso in cui la stessa città preferisse invece attivare convenzioni con un operatore di telefonia mobile per l’’uso delle sua infrastrutture dati ad alta velocità, a prescindere dalle condizioni economiche, il rapporto tra cittadino e fornitore tornerebbe a essere diretto e commerciale, con l’’istituzione di garanzia pubblica che si fermerebbe a monte del processo o comunque a sostegno soltanto esterno dello stesso. D’’accordo, sto spaccando il capello in quattro e magari strizzo l’’occhio al più bieco veterocomunismo; ma se penso al mercato attuale della telefonia in Italia, a me non sembra una banalità e propendo nettamente per la prima possibilità.

C’’è, di conseguenza, un aspetto politico. Portando quanto appena detto all’’esasperazione, potremmo dire che nel caso delle WiFi cittadine la connettività a Internet cessa di essere un semplice servizio (commerciale o meno) per diventare un diritto pubblico, parte del bouquet di diritti e doveri insiti nella cittadinanza. Per quello che ho capito di Internet, e sperando di riuscire a scansare ogni paraocchi ideologico, è un’’ipotesi che mi piace parecchio.

C’è un aspetto geografico. La città si può costruire tutte le reti che vuole, ma limitatamente al proprio territorio. Il gestore di telefonia ha, in genere, reti nazionali. Col WiFi cittadino io navigo gratis in tutta la città, ma appena mi sposto nel paese vicino torno ad aver bisogno di connettività, fissa o mobile che sia, personale. Dunque non esaurisco, ammesso che il WiFi pubblico sia mai in grado di farlo veramente, tutte le mie necessità di collegamento in Rete. Questo, a ben vedere, porta acqua al mulino della convenzione con un operatore di telefonia: con la stessa chiavetta che uso a casa e in giro per la città, oggi posso continuare a collegarmi ovunque mi capiti di andare e a una velocità per la prima volta competitiva con i collegamenti Adsl. Grazie al roaming internazionale, con lo stesso dispositivo potrei connettermi perfino all’’estero. Nello stesso tempo, questo aspetto complica un po’ la definizione della convenzione locale: io amministrazione pubblica ti regalo la chiavetta dell’’operatore XY, vincitore di bando pubblico, ti pago tutta la banda che consumerai quando sarai servito dalle celle telefoniche locali (o anche soltanto un forfait annuale), ma al di fuori di ciò diventi un cliente a tutti gli effetti di quell’operatore oppure sei costretto ad attivare un altro contratto personale. Non so, assomiglia sempre più al prospetto di opzioni ed eccezioni che tanto mi fa detestare le tariffe della telefonia contemporanea. Ma certo, il punto di forza della connettività che non conosce confini – in assenza di iniziative pubbliche nazionali – è notevole.

C’è un aspetto progettuale. I tempi pubblici sono dilatati, le reti WiFi che vengono timidamente avviate oggi sono state discusse e progettate non meno di anno fa, quando l’’alternativa della chiavetta Usb/Hsdpa non esisteva ancora, mentre il supporto WiFi era già di serie nella maggior parte dei portatili in commercio. Questo non toglie il fatto che quei progetti oggi possano essere riconsiderati alla luce dell’’avanzamento tecnologico, ma è un elemento che va tenuto presente nel giudicarle.

C’’è infine un aspetto divulgativo, poco concreto magari, ma a cui io tengo molto. L’’iniziativa civica difficilmente riuscirà ad andare oltre l’’offerta di una connettività base, il minimo etico garantito per tutti: la rete potrebbe essere più lenta, affollata e vincolata di quanto un power user sarà mai disposto ad accettare. Chi lavora su/attraverso Internet, così come chi scarica pesantemente audio e video, si terrà aggrappato all’’Adsl o alla fibra ottica ancora per un bel po’’, limitandosi a sfruttare la copertura wireless gratuita durante passeggiate in centro o gite al parco. Ma la città che stende la sua rete e connette i suoi nodi, e non semplicemente un sindaco che promuove l’’abbonamento facilitato alla linea dati di una telecom, ha un impatto simbolico e divulgativo molto più profondo, in grado di raggiungere e coinvolgere anche le fette di popolazione meno facili da interessare e abilitare. Fatevi raccontare quanti anziani hanno affollato lunedì la prima uscita pubblica del WiFi civico di Pordenone, per dire. Date un’’occhiata all’esperienza modulare e partecipata di Ile Sans Fil, progetto canadese che anche Pordenone amerebbe emulare, una volta realizzato lo scheletro di base. Si costruisce tutti insieme qualcosa di nuovo ed è una cesura culturale e tecnologica forte, un inizio che mette tutti sullo stesso piano, non soltanto un’opportunità calata dall’altro che i soliti digerati potranno decodificare e sfruttare per un risparmio peraltro contenuto. Io su questo qualche rischio di disperdere risorse e investimenti sarei disposto a correrlo.

I miei due centesimi. 🙂